Chavez sta bene. Gli sono ricresciuti i capelli. E' entrato definitivamente nella storia ospitando il summit fondativo della Celac (Comunidad de Estados Latino Americanos y del Caribe) in una Caracas festante il 2 e 3 dicembre 2011. Ha parlato ininterrottamente per più di 9 ore il 13 gennaio 2012 in occasione del “Memoria y cuenta” 2011, il resoconto annuale sull'operato del governo. Ha ricominciato il suo popolarissimo programma televisivo domenicale “Alò Presidente”. Ha presieduto le grandi celebrazioni del ventesimo anniversario dell'insurrezione civico-militare del 4 febbraio 1992.
Le recenti indagini sull'intenzione di voto alle presidenziali del 7 ottobre 2012 lo danno come super favorito con il 50-57%, mentre il suo governo gode di un indice di approvazione tra il 60% ed il 67%. Niente male per un presunto malato terminale con una prospettiva di vita di pochi mesi!
I suoi oppositori celebrano oggi il proprio suicidio politico, in occasione delle primarie. La cronaca è quella di una morte annunciata da un punto di vista tanto quantitativo, quanto qualitativo.Nel 2006 Chavez fu rieletto con più di 7,3 milioni di voti (62,84%), su quasi 16 milioni di aventi diritto. Lo sfidante Manuel Rosales (in esilio in Perù dal 2009 per sfuggire al mandato di cattura internazionale emesso dall’Interpol per decine di accuse di corruzione) ottenne 4,3 di voti (36,90%). Il Consiglio Nazionale Elettorale venezuelano ha chiuso il 2011 con 18,3 milioni di iscritti e da qui al 7 ottobre 2012 è facile prevedere che si raggiunga quota 19 milioni.
L'opposizione afferma che un afflusso di 2 milioni di votanti alle primarie rappresenterebbe già un buon risultato. Con una quota di minimo 7 milioni di voti da ottenere per sperare di vincere le elezioni presidenziali, tale obiettivo dichiarato di afflusso alle primarie sembra più che altro un tentativo di limitare i danni di una figuraccia quasi certa. Ma ciò che è peggio è che il rischio reale è che non si raggiunga neppure il milione e mezzo di votanti. Non è un caso, con queste premesse, se fino all'ultimo si è vociferato del possibile annullamento delle primarie e della scelta del candidato dell'opposizione per “consenso”...
Ma chi sono i candidati alle primarie dell'opposizione o “preperdenti” (premajunches) come sono stati ribattezzati ironicamente dai sostenitori di Chavez?
Henrique Capriles Radonski. Avvocato, non ancora quarantenne, cappello da baseball incollato in testa, rampollo di una delle famiglie più potenti del Venezuela (proprietaria di catene di cinema e di mezzi di comunicazione), è il gran favorito delle primarie. Nel 2000 fondò, grazie ai finanziamenti ed alla consulenza della National Endowement for Democracy (NED) e del International Republican Institute (IRI) il partito politico ultraconservatore Primero Justicia insieme all'ex amico Leopoldo Lopez. Quest'ultimo, nonostante sia inabilitato a ricoprire incarichi pubblici per aver incassato fondi illegali quando era sindaco di Chacao, inizialmente si era lanciato nell'avventura delle primarie, salvo poi decidere di ritirarsi, a pochi giorni dalle elezioni, per appoggiare Radonski e diventare responsabile della sua campagna elettorale. Già sindaco del municipio Baruta per due mandati (2000-2008), ed attuale governatore dello stato Miranda, Radonski è invischiato in vari scandali per aver concluso contratti milionari con aziende di proprietà di familiari ed amici. Durante il colpo di stato dell'aprile 2002, si distinse per essere uno dei più facinorosi assaltatori dell'ambasciata di Cuba in Venezuela, ubicata nel municipio Baruta di cui era sindaco. Fu arrestato con l'accusa di aver violato le convenzioni internazionali sul personale diplomatico dal Pubblico Ministero Danilo Anderson che, due anni dopo, mentre conduceva le indagini, fu assassinato con un'auto bomba. Assolto nel 2006 dopo un processo lungo e complesso, rimangono forti dubbi sulle sue reali responsabilità. Sostenuto soprattutto dal mondo imprenditoriale, avrebbe ricevuto gran parte dei finanziamenti per la campagna elettorale dai fratelli banchieri Castillo Bozo, entrambi latitanti sui quali pende un mandato di cattura internazionale dell'Interpol (avviso rosso) per frode bancaria.
Pablo Perez. Avvocato quarantaduenne, con il palato fino per il buon rum, attuale governatore del ricco stato petrolifero Zulia è il grande rivale di Radonski per la vittoria delle primarie. Delfino del latitante Manuel Rosales, è uno degli esponenti di spicco di Un Nuevo Tiempo, il partito sedicente di centro-sinistra, ma di fatto di estrema destra, fondato da quest'ultimo. Volto “nuovo” della decrepita casta politica bipartitica (Accion Democratica e COPEI) quarto-repubblicana che, grazie al cosiddetto Patto di Punto Fijo, ha governato ininterrottamente per 40 anni con pratiche spudoratamente cleptocratiche uno dei paesi più ricchi del mondo, conducendolo alla bancarotta ed alla fame. Contestato da migliaia di lavoratori e pensionati dello stato Zulia cui non vengono pagati stipendi e pensioni da mesi, è accusato di aver impiegato i fondi stanziati per i pagamenti dal governo centrale per una campagna elettorale il cui unico contenuto tangibile è lo spauracchio della criminalità ripetuto fino alla nausea.
Maria Corina Machado. Ingegnere quarantacinquenne appassionata di boutique di lusso e cure di bellezza, figlia di due potentissime famiglie dell'oligarchia venezuelana, (settore siderurgico) è l'outsider delle primarie. Avrebbe dovuto scontare più di 10 anni di carcere per aver firmato il Decreto Carmona che dissolse tutte le istituzioni democratiche del paese durante il golpe contro Chavez dell'aprile 2002, invece, poco dopo il golpe, fondò la ONG Sumate, attraverso la quale ricevette e continua a ricevere finanziamenti da parte della National Endowement for Democracy (NED), dell' Unitad States Agency for International Development (USAID) e del National Democratic Institute for International Affairs (NDI). È tanto sprovveduta da avere il coraggio di proporre il “capitalismo popolare” in una fase storica in cui le popolazioni europee pagano amaramente i conti del fallimento strutturale di politiche economiche neoliberali, per di più ad una nazione che prevalentemente ignora chi sia Margaret Thatcher, se non altro per ragioni anagrafiche. Ricordare che Maria Corina fu ricevuta dal presidente George W. Bush nello Studio Ovale della Casa Bianca il 31 maggio 2005 (nonostante non ricoprisse alcun ruolo istituzionale), aiuta a capire quanto intime siano le sue relazioni con le sfere di potere più conservatrici degli Stati Uniti...
Chiudono la lista due attempati attori non protagonisti: Diego Arria e Pablo Medina. Il primo, settantatreenne, politico di vecchio stampo, coinvolto a più riprese in gravi scandali per corruzione durante vari governi della Quarta Repubblica, ha attirato l'attenzione soprattutto con una boutade: il 21 novembre ha annunciato di aver denunciato Chavez di fronte alla Corte Penale Internazionale per crimini contro l'umanità. Il secondo, sessantaquattrene, ex operaio siderurgico, ex comunista, ex chavista, ex senatore, ha fatto parlare di sé principalmente per l'iniziale esclusione dalle primarie a causa della mancanza di fondi. I due scagliano da settimane feroci anatemi contro Chavez ed il suo governo, senza peraltro fornire argomentazioni politiche degne di un qualche pur minimo interesse.
Lo scenario è quantomai desolante: dietro un barocco esercizio di stile democratico in chiave “gringa” si cela un vuoto assordante di programmi e contenuti politici. Se da un lato lo stato di salute di Chavez è decisamente migliorato e la sua leadership politica è sempre più ampia e puntellata da innumerevoli evidenti successi, dall'altro l'opposizione, dietro i vacui proclami di rito, si mostra, tra un attacco di cattivo gusto ed un colpo basso, troppo arrivista per non essere già divisa al suo interno da fratture insanabili; troppo impreparata per riuscire a delineare un orizzonte politico che non sia il puro e semplice ritorno a quello status quo iperneoliberista pre-chavista che aveva fatto sprofondare il paese in un abisso senza fondo; troppo corrotta per riuscire ad interpretare le esigenze di rappresentanza di quella minoranza della popolazione venezuelana i cui interessi non si rispecchiano nella rivoluzione bolivariana.
Se questo è il potenziale di cui dispone l'opposizione, il redivivo Chavez può dormire sonni tranquilli. Non saranno le elezioni del 7 ottobre a mettere fine alla “revolucion bonita”.
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